La Casa della Provvidenza ebbe origine alla fine del 1940 per intuizione di mons. Ceconi, «dalla vista e dalla misera condizione di fanciullette che passavano (come del resto in ogni centro un po’ popoloso), da una porta all’altra, elemosinando e consumando poi, in dolciumi e magari in sigarette o altro che potesse accontentare i primi capricci, quanto avevano raccattato. Bisognava toglierle dalla strada e dare loro orientamento e indirizzo educativo e formativo. Quasi tutte sono giunte alla Casa come rondinelle sbattute dal vento. Il prodigioso lavorio quotidiano di chi ha cura delle loro anime, ha trasformato le orfanelle in piccoli fiori, il cui profumo di bontà si espande oltre le mura dell’edificio che le accoglie. Invero quest’attività non avrebbe avuto consistenza, se fosse mancata la preziosa opera delle suore, vere apostole, dal cuore grande e pronte ad ogni sacrificio». Così si esprimeva, nel 1949, lo stesso mons. Ceconi, con un linguaggio forse oggi un po’ datato. Per essere accolte le fanciulle le fanciulle dovevano avere tra i sei e i dodici anni, e vi rimanevano fino ai diciotto (con qualche eccezione). L’apertura della Casa avviene il 4 novembre (data scelta non a caso) con l’ingresso di cinque ragazze, e le spese sono coperte dalla generosità dei cittadini. Quando non vanno a scuola le ragazze «si addestrano nel cucito, nel ricamo, nel rammendo e infine frequentano la scuola di taglio. Per turno prestano servizio in cucina, per imparare come si appresta la mensa, vengono occupate nei lavori donneschi della casa, nel bucato ed anche nell’orto. Pure per turno, le più grandi prestano servizio nel guardaroba. Sono anche in grado di preparare, con garbo e buon gusto, prodotti dell’artigianato, come confezione di sporte e oggetti congeneri, di tappeti, impagliatura di sedie, di fiaschi ecc., con cartocci di granturco».
Un gruppo di signore dell’alta borghesia cittadina, chiamate patronesse, si occupano di vari aspetti della vita della Casa. Ne è a capo Gianna Bonazza, figlia di Pia Buora Bonazza, che nel 1947 darà un importante contributo per la realizzazione dei nuovi locali che daranno al Calasanzio l’aspetto attuale.
Con il passare degli anni la retta delle fanciulle è assunta dall’Enaoli, dai Comuni di residenza, dall’Istituto della Pietà di Venezia, ecc. Gli Enti pubblici non sono sempre solleciti nel pagamento delle rette, per cui l’Asilo è costretto più volte a chiedere alla Tesoreria una anticipazione di cassa. Nel 1977, per esempio, il Comune di Portogruaro è moroso per oltre sette milioni di lire, e il segretario dell’asilo, sollecitando il contributo della Regione, che è subentrata ai vari Enti che si occupavano dell’assistenza all’infanzia, scrive «che i nostri fornitori stanno guardando, pregando e imprecando».
La punta massima di ospiti si ha nel 1973, con ben quaranta presenze. Poi gradualmente la Casa esaurisce le sue funzioni, e con l’anno scolastico 1977/78 la Casa della Provvidenza chiude i battenti.
Pubblicato da Il Popolo, settimanale della diocesi di Concordia- Pordenoneil 7 Marzo 2021Di Roberto Sandron, autore del libro Il Calasanzio di Portogruaro
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